Da subito mi ha affascinato l’idea di realizzare una “cane rod” senza utilizzare le ferrule in nickel-silver: la continuità di linea e l’eleganza della canna realizzata con l’innesto in bamboo mi ha conquistato sin dalla prima volta che ne ho vista una ….

Dopo aver provato la IRP alla fiera di Bologna, mi ero ripromesso di realizzarne una quest’inverno……. poi non ho resistito ed in Aprile ho iniziato.

Essendo un esordiente totale (e la mia quinta canna in assoluto), ho fatto qualche telefonata, inviato qualche email per chiarirmi alcuni dubbi e poi mi sono messo al lavoro: spaccata la stanga, raddrizzati nodi e strip ho iniziato a costruire il mio nuovo “lancia lancia”, seguendo la mia idea iniziale che prevedeva il taper della IRP, due vettini e un  look rigorosamente da “bionda”. A dirla tutta da quella stanga ho tirato fuori anche le strip per una 8’ #8 da lucci e cheppie, sempre con innesto in bamboo………ma questa è un’altra storia.

Ho chiesto ad un amico, il Buzzi, di sgrossarmi i listelli con la sua beveller e poi temprarmeli perché il mio forno è in via di ultimazione: il costo dell’operazione è stato un chilo di Parmigiano di collina di 28 mesi, vasetti di miele al tartufo e pomodori verdi con fichi ed una bottiglia di Franciacorta per buttare giù il tutto.

Un piccolo incidente di percorso ha fatto si che si mettesse a rischio il secondo vettino: lo stavamo perdendo. Avendo a mia volta già pagato e lui di contro già consumato, il collega, per riparare, ha spaccato una sua stanga e mi ha fatto due nuovi level. La distanza internodale non era proprio la stessa: allora si è pensato che per la seconda vetta lo staggering da fare non poteva essere il classico 2X2X2, ma giocoforza dovevo attuare una variante, eseguendo il  Buzzi’s staggering. Per chi non lo conoscesse ne riporto lo schema qui sotto.

Qualche consulenza telefonica in corso d’opera, leggi telefonata al Presidente Gabriele Gori ed a Alberto Poratelli (aggiungo: che pazienza hanno con noi rompi !!) , sono arrivato alla vuotatura della ghiera. Inizio con la vetta No. 2, quella del Buzzi’s staggering. Con l’aiuto di alcuni spessimetri di misure a scalare da 1.5mm, inizio a lavorare i listelli. Provo alcune volte l’innesto per evitare di sbagliare, legando prima la ghiera ben stretta ed arrivo al dunque: mmmmh…… mi pare un poco abbondante. Il fiume di improperi che ne è seguito è facile immaginarselo. Per la seconda, la No. 1, non commetto lo stesso errore e mi pare un buon lavoro. Di quanto fossi fuori tolleranza non ne sono certo: per poterlo verificare bisognerebbe misurare l’interno della ghiera per tutta la sua lunghezza. Sono solo riuscito a rilevare le dimensioni dell’inizio dell’innesto con un micrometro per interni. Comunque la sostanza rimaneva quella: era larga, dovevo farmene una ragione e riflettere su cosa fare prima di incollare i listelli per rimediare.

Ore 4:55 del mattino successivo: idea !!..... lego ben stretto la ghiera “abbondante” sotto il getto di aria calda dell’airgun. L’input mi è venuto dopo aver letto il procedimento per realizzazione il maschio dell’innesto streamlined® redatto da Alberto. Ho fiducia nella plasticità del bamboo portato alla giusta temperatura. Mi alzo, salgo in mansarda, infilo i guanti e regolo la airgun. Inizio a legare la ghiera stringendo come un forsennato, mantenendo al suo interno l’eccedenza del maschio che avevo tagliato dal butt. Tolgo il maschio di forza con la pinza, lascio raffreddare. Tolgo la legatura e rilego ancora la femmina senza forzare. Provo: …sembra aver funzionato. Ora per innestare ci vuole una discreta forza.

Sono così arrivato ad incollare i listelli dei due vettini. Nella telefonata con Alberto era emerso che un socio IBRA (non ricordo il nome e chiedo scusa) non usa incollare i listelli nella zona della ghiera: la tenuta della stessa è affidata alla legatura esterna realizzata in seta, consigliandomi una 3/0.

Allora mi sono detto: …ho due vettini…..un grezzo lo incollo in modo “classico”, l’altro lo facciamo come mi è stato descritto.  Una fissa che mi ha preso in corso d’opera è stata poi quella di “impermeabilizzare” oltre che l’interno della femmina, anche tutto il maschio, stendendo della bicomponente e tirandola a caldo in modo da lasciarne solo un velo: non ho idea se sia stato migliorativo, ma ormai l’ho fatto. Un poco di cera d’api a caldo sia all’interno della ghiera che sul maschio e l’operazione è conclusa.

Per il porta mulinello avevo pensato di realizzarlo in sughero rispettando la lunghezza del progetto originale IRP, così come l’impugnatura, cambiandone però il design. La posizione dei passanti è la stessa e la dimensione anche, se non per il terzo partendo dall’apicale che è un 1/0 al posto del 2/0. Monto il mulinello e la provo: spara la coda che è un piacere !!!!

Faccio le legature (rigorosamente trasparenti), chiedendo l’aiuto del protettore dei legatori di canne Massimo Giuliani, inzuppo e via: attenderò una quindicina di giorni per riprovarla. Ogni tanto, quando le passavo vicino, provavo l’innesto per il solo piacere di sentire quel suono che ricorda lo stappare una bottiglia di champagne…. La peso: 87 gr è il risultato.

Il grande giorno arriva: innesto la vetta No. 2 (quella con la ghiera incollata, corretta a caldo perché abbondante e realizzata con il Buzzi’s staggering) e con un amico si prova! Sembra tutto a posto…..la vetta non tende ad uscire dal maschio …… perfetto! Passano alcuni giorni e proviamo l’altro vettino : dopo un ora che smanettiamo controllo l’innesto. E’ uscito di oltre un millimetro.

Torno a casa e rifletto sull’accaduto: vuoi vedere che la ghiera con i listelli “liberi” ha la tendenza a deformarsi sotto le sollecitazioni del lancio? Durante il lancio non si avvertono giochi nell’innesto, ma riprovandola una seconda volta, questa maledetta tende sempre ad uscire.

Il giorno dopo provo ad innestare i due vettini per vedere se riesco a percepire delle differenze, ma mi sembrano simili… eppure qualcosa non torna.

Ricontrollo le misure del maschio: le misure prese tra le facce dell’esagono 1/3 e 2/4 sono pressoché identiche per tutta la loro lunghezza, mentre 3/6 è 2-3 centesimi scarsa.

Tolgo il velo di cera d’api dal maschio, preparo la bicomponente su di una piastrina, la scaldo, scaldo un poco anche l’innesto e sulle facce 3/6 ne metto un velo. La tiro bene bene e lascio asciugare. Il giorno dopo regolo con carta 1500 e misuro: ho recuperato qualcosa. A questo punto metto un velo di cera d’api a caldo, pulisco con lo straccio e provo ad innestare: fondamentalmente non trovo nessuna apprezzabile differenza e mi sembra che la forza che utilizzo sia la stessa di prima.

Torno a lanciare: la vetta sembra non sfilarsi più…….. per ora: forse è la cera d’api che la tiene “legata”? Ce né più di prima? O forse è che prima non avevo carteggiato il velo di bicomponente sulla superficie del maschio ed era troppo liscia?

Sinceramente non l’ho ancora capito. Riuscire a misurare l’interno della ghiera aiuterebbe a togliere dei dubbi: se le femmine dei vettini fossero uguali, entro una tolleranza decente, sarei propenso a dare la colpa ad i listelli della femmina non incollati tra loro. Bisogna considerare anche che l’accoppiamento eseguito con innesto in bamboo è di tipo instabile…………… ma è veramente elegante. Comunque l’entusiasmo è stato tale che non ho ordinato nessuna ferrula quando si è fatto il Gruppo Acquisti della CSE , ma solo della gran seta!!!!

Ora non mi rimaneva che collaudarla in pesca prima di portarmela in Colorado.

Parto: le trote in corrente mi attendono…..i livelli sono da secca…….le mosche le ho appena costruite (rigorosamente con montaggio Rosorani)……..a lanciare non faccio poi schifo……. pescare lo stesso……il posto lo conosco ormai come le mie tasche…..se la canna l’ho costruita bene sono a cavallo.

Come sarà accaduto anche a qualcuno di voi, mentre sfilo la canna dal fodero (fatto dalla Mamma copiando spudoratamente quello dell’Hardy), spunta da dietro l’auto lo sconosciuto di turno che la vuole vedere e dopo tre minuti tre, la vuole pure comprare. Io non ho tempo da perdere, così lo saluto frettolosamente e vado a pesca dileguandomi nel bosco.

Scendo verso il torrente, annodo la mosca, rapida occhiata alla situazione e lancio lungo la mia sponda avanti cinque, sei metri a fianco di un bel sasso granitico, con una corrente spumeggiante ai lati. La parte finale della coda è appoggiata sul sasso e la mosca scende dal lato destro con il finale curvo a monte: viene giù che sembra un gommone poi…… scompare, come se inghiottita dall’acqua.  Attacco la prima trota: iridea!! Un salto, due e parte avanti in corrente. Poi scende qualche metro, mi passa e si ferma in una buca dietro un masso bianco. Provo a muoverla verso riva “pompandola” con la canna…… macchè, non ne vuole sapere. Allora scendo io di alcuni passi e questa riparte verso l’altra sponda, attraversando il correntone centrale. Io la contrasto tenendo la canna bassa verso valle e parallela all’asta del fiume: ho il tip del 18 e tiro con forza. Riattraversa il correntone verso la mia sponda e si lascia trasportare verso valle: riesco a tirarla verso riva…… guadino, tolgo la mosca, breve ossigenata e via che corre ad intanarsi sotto i sassi.

La prima cosa che faccio è quella di controllare l’innesto: sembra a posto……..prendo fiducia nell’attrezzo e mi riprometto di continuare pescare senza più controllare la canna……… lo farò poi a fine giornata. Avvolgo coda ascoltando il gracchio del mio Hardy e vado alla buca successiva……… vuoi vedere che lì ne aggancio una più grossa!!

Poi penso: …….chissà in Colorado !!!!!